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Carta e cartiere ecosostenibili? La risposta è green

Carta e cartiere ecosostenibili? La risposta è green

Carta e cartiere ecosostenibili? La risposta è green

In un mondo in cui la domanda e l’utilizzo di risorse naturali sono in costante aumento, l’attenzione alla sostenibilità è diventata imprescindibile ed è cresciuta la consapevolezza che non c’è azione della nostra vita quotidiana che non impatti sull’ambiente.

Nel nostro ambito professionale, tipografico e cartotecnico, la quotidianità è segnata dalla carta, la nostra principale materia prima.

In questo articolo, però, non vogliamo indugiare su quello che ormai tutti sappiamo in materia di benessere del pianeta ma verificare se davvero la carta è il materiale meno impattante per l’ambiente e scoprire come l’industria cartaria si sta adeguando ai nuovi criteri di sostenibilità.

Non a caso vogliamo farlo ad un mese e un giorno dall’equinozio di primavera, ovvero la data in cui si è scelto di celebrare ogni anno l’Earth Day, la Giornata Mondiale della Terra.

Tra scetticismo e allarmismo: quanto inquina veramente la carta?

Da quasi 2.000 anni la carta è tra le materie prime più utilizzate, ma da quando si è posta l’attenzione sulla tutela dell’ambiente si è diffusa l’idea che anche la carta possa alterare il delicato equilibro del nostro ecosistema.

Ciò ha dato vita ad una serie di osservazioni sul tema che passano dallo scetticismo sulla riciclabilità della carta, manifestato spesso con espressioni del tipo “È inutile fare la raccolta differenziata, tanto poi buttano tutto insieme in discarica”, all’allarmismo di chi dichiara che per produrre la carta si distruggono le foreste.

Partiamo da quest’ultima catastrofistica osservazione e guardiamo alla realtà dei fatti, anche con qualche dato numerico alla mano.

L’utilizzo di legname nel mondo è solo per il 12% destinato alla produzione della carta. La deforestazione, infatti, è causata principalmente della conversione delle foreste in terreni agricoli o dalla raccolta del legno destinato ad usi diversi dalla produzione cartaria.

La maggior parte del legno destinato alle cartiere deriva invece dallo sfoltimento degli alberi, operazione necessaria affinché le foreste si rigenerino, e dagli scarti industriali di attività produttive come le segherie.

Inoltre, negli ultimi anni, le cartiere si avvalgono di rigorosi sistemi di certificazione forestale, come FSC® e PEFC, che non solo attestano la provenienza della cellulosa da foreste gestite secondo rigorosi standard ambientali, sociali ed economici ma controllano anche che l’intera catena di custodia si componga di soggetti certificati.

Ma cosa vuol dire “foreste gestite in modo sostenibile”?

Lo spieghiamo con un esempio concreto: nel 2019, nelle foreste certificate europee, per ogni albero tagliato ne sono stati piantati altri tre. Ciò ha determinato un aumento dell’estensione delle foreste pari all’area di 1,5 milioni di campi da calcio. L’Italia, nel suo piccolo, le ha estese per un’area pari a 6.540 Kmq. o, se preferite il paragone calcistico, per più di 4.000 campi regolamentari. Ma la sostenibilità di cui si parla in questo caso non riguarda solo gli alberi ma è anche sociale, perché i protocolli di controllo salvaguardano anche il benessere dei lavoratori e delle comunità che vivono in quei territori.

La carta, vincente per l’economia

Qualcuno a questo punto potrebbe obiettare che se da un lato la carta ha un’origine green resta il fatto che per trasformare la cellulosa in materiale cartaceo vero e proprio occorre un processo di lavorazione che impatta sull’ambiente in modo significativo.

Ebbene, è vero.

Basti pensare che per produrre una tonnellata di carta di fibra vergine una singola cartiera di medie dimensioni consuma circa 440.000 litri d’acqua e 7.600 kWh di energia elettrica. Per farla più facile, possiamo dire che per produrre un solo foglio di carta formato A4 servono ben 10 litri d’acqua.

Però la carta serve, il mercato la richiede e i numeri lo dimostrano. Ne sono una prova gli oltre 180 chili di carta come dato di consumo annuo per abitante stimato dall’Istat nel 2022.

In quell’anno in Italia sono stati prodotti 8,7 milioni di tonnellate di carta. Di queste, il 20,3% è passato attraverso case, scuole e uffici sottoforma di libri, riviste e cancelleria, il 45% si è trasformato in cartone ondulato, il 23,2% è servito per confezionare i nostri acquisti e il 7,5% lo abbiamo consumato in fazzoletti, carta igienica e tovaglioli.

Vale anche la pena ricordare che i libri cartacei, durante la loro lunga vita, non necessitano di altra energia per il loro utilizzo, diversamente dalle pubblicazioni digitali che, per essere consultate, hanno bisogno di dispositivi da ricaricare e di cloud da alimentare.

Potremmo dunque farne a meno? Certo che no.

Aggiungiamo anche che l’Italia è il secondo Paese europeo per produzione di carta dopo la Germania, con un fatturato medio annuo di oltre 15 miliardi di euro. Quello cartario è un comparto industriale che impiega quasi 20.000 addetti coinvolgendo, solo nella produzione, più di 150 stabilimenti. Ciò fa dell’industria cartaria una delle colonne portanti della produzione manifatturiera italiana.

La sfida green arriva nelle cartiere

Se è vero che l’impatto ambientale della produzione cartaria è alto, è altrettanto vero che gli sforzi delle cartiere sono concentrati sulla riduzione di questo fenomeno. Lo dimostra il sempre maggiore ricorso all’uso di fonti rinnovabili per alimentare gli impianti di produzione. Parlando di industrie “energivore” come quelle cartarie, si può ben comprendere il valore e il risultato di simili scelte.

Inoltre, le aziende cartarie sono chiamate ad affrontare un’altra sfida: il trattamento e lo smaltimento di grandi volumi di acque reflue.

La soluzione messa in atto è l’efficientamento degli impianti. Questo ha consentito di migliorare il monitoraggio dei reflui chimici, reimmettere le acque nel ciclo produttivo, filtrare i composti organici ed estrarre biogas o biometano che può essere riutilizzato all’interno dello stabilimento generando un’ulteriore riduzione dell’impatto energetico della cartiera sull’ambiente.

Inoltre, è bene evidenziare che oggi il 90% dell’acqua che si impiega nel processo produttivo è acqua di riciclo, mentre solo il restante 10% è costituito da acqua di primo impiego.

Dice il saggio: “La spazzatura di qualcuno è il tesoro di qualcun altro”

In Europa, le fibre cellulosiche vengono riciclate e riutilizzate in media 3,8 volte, e più di metà della carta destinata al consumo nasce dal riciclo della stessa.

Va detto anche che la produzione di carta riciclata, rispetto alla produzione di carta da fibra vergine, richiede alle cartiere circa il 60% in meno di energia elettrica, l’80% in meno di acqua e l’ambiente giova anche di una riduzione del 95% di emissioni di polveri e sostanze chimiche. Ecco perché è importante riporre i rifiuti di carta nell’apposito contenitore della differenziata, a dispetto di quanti erroneamente pensano che “tanto poi si butta tutto insieme in discarica” e soprattutto ad esclusivo vantaggio dell’ambiente.

Se la carta vince, nessuno perde.

Negli ultimi anni si è assistito ad un incremento del tasso di riciclo della carta che si attesta intorno al 74%. Per la carta e il cartone derivanti da imballaggi e confezionamento si raggiunge addirittura l’83%, percentuale che li decreta come i materiali da imballaggio più riciclati (e riciclabili) al mondo.

Si dice che rispettare l’ambiente e gestire in modo responsabile le risorse naturali del nostro pianeta sia un nostro dovere, un compito da assolvere a beneficio delle future generazioni.

Senza dubbio è corretto, ma bisogna andare oltre.

Bisogna riconoscere che, più che un dovere, vivere in un ecosistema sano ed equilibrato è un nostro insindacabile diritto, ma soprattutto che non si tratta solo di un investimento per il futuro ma di una necessità attuale, immediata, presente.

Siamo su questo pianeta e giochiamo tutti la stessa partita, ma solo con le nostre scelte di responsabilità condivise possiamo fare un gioco di squadra in cui vincono tutti.

 

Approfondimenti

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Verità e leggende metropolitane. Vero/Falso

Verità e leggende metropolitane nel mondo della stampa

Verità e leggende metropolitane nel mondo della stampa

Nel nostro lavoro, come in molti altri, non è raro trovarsi a dover valutare opinioni contrastanti sullo stesso argomento.
Per questo abbiamo deciso di mettere a fuoco le verità e le tante leggende metropolitane che girano intorno al mondo della stampa.
Lo faremo con il sistema del vero/falso rispetto ad affermazioni vecchie e nuove che il passaparola negli anni ha restituito come verità assolute.

La risoluzione delle immagini per la stampa offset deve essere 300 dpi

Vero. Cominciamo col dire che oggi, con i processi di pre-stampa interamente digitali, è più corretto per le immagini riferirsi ai PPI (Pixel per pollice) che non ai DPI (punti per pollice).
Il numero 300 va però inteso come valore di massima e non assoluto e si riferisce alla dimensione finale della stampa e alla frequenza del retino utilizzata.

Il valore della risoluzione è infatti correlato alla retinatura o lineatura utilizzata per stampare le immagini. Il rapporto tra la risoluzione dell’immagine e la frequenza del retino determina la qualità dei particolari nell’immagine stampata.

Per produrre un’immagine mezzatinta, solitamente si imposta una risoluzione dell’immagine pari alla frequenza di retino moltiplicata per 1,5 o 2. La retinatura o frequenza di retino viene misurata in linee per pollice (lpi). Maggiore è la risoluzione del dispositivo di output, maggiore è la frequenza di retino che si può utilizzare cioè la quantità di linee per pollice che si possono utilizzare. Di seguito alcuni esempi di retinatura:

  • 65 lpi: retinatura grossolana, per la stampa commerciale di bassa qualità;
  • 85 lpi: retinatura media, per esempio per la stampa dei quotidiani;
  • 133 lpi: retinatura di buona qualità, per esempio per la stampa di riviste e periodici;
  • 177/200 lpi: retinatura di alta qualità, per esempio per la stampa di cataloghi e libri d’arte.

Ne consegue che, un’immagine di 3000×4000 pixel (base x altezza) a 300 ppi potrà essere stampata in alta qualità a 177 lpi nella dimensione fisica massima di 25×33 cm.

La stampa digitale sostituirà completamente la stampa offset

Falso. Forse è il luogo comune più diffuso perché ha alla base non solo il riferimento alla tecnica di stampa ma all’intero processo produttivo.

È innegabile che sulle macchine digitali il processo di pre-stampa è più immediato. Basti pensare che, per il riscontro visivo del risultato finale, la prova di stampa può essere già la prima copia. Inoltre i vantaggi in termini di costi, per le basse tirature, sono evidenti e aumentano l’appeal della stampa digitale ma il formato di stampa spesso vincola le cadute macchina e la scelta del tipo di finitura.

Va detto, però, che in termini di costi e di sostenibilità ambientale la stampa offset ha fatto notevoli passi avanti. Le macchine di ultima generazione hanno ridotto al minimo lo spreco di fogli per l’avviamento e, grazie al cambio lastre automatico, bastano ormai pochissimi minuti per il cambio lavoro. Le lastre senza sviluppo e gli inchiostri a base vegetale, poi,  rendono il processo di stampa sempre più sostenibile in termini ambientali.

Noi siamo convinti che la coesistenza dei due sistemi è una grande opportunità nel settore grafico, lasciamo allo stampatore e alla sua esperienza la possibilità di scegliere in relazione al lavoro il meglio per la sua azienda e per i suoi clienti.

Il risultato della stampa dipende solo dalla macchina

Falso. Nella stampa sono tre gli elementi fondamentali e imprescindibili: la macchina, il supporto e l’operatore.

La macchina da stampa deve sempre essere nella condizione di raggiungere l’obiettivo prefissato impiegando il minimo delle risorse necessarie.

Il supporto che viene classicamente ricondotto a:

  • carte patinate (lucide e opache) che assorbono meno inchiostro mantenendo i colori più brillanti e le immagini più nitide;
  • carte naturali molto porose per le quali si consiglia l’utilizzo di inchiostri ossidativi per velocizzare l’essiccazione e ridurre la penetrazione;
  • materiali plastici per i quali è consigliato l’utilizzo di inchiostri UV.

L’operatore è ancora a nostro avviso il deus ex machina della stampa. È vero che sempre più funzioni, che prima erano a totale appannaggio dell’operatore, ora sono state demandate alle macchine attraverso forme di automatismi sempre più spinti. È vero che per supportare l’occhio oggi esistono sofisticati strumenti di misura a bordo macchina per il controllo del colore e delle densità. Ma nulla ancora può sostituire del tutto il fattore umano. Non è possibile fare a meno dell’esperienza, della professionalità e della capacità di problem solving di un operatore specializzato.

Conclusioni

Speriamo, con questa piccola rassegna sulle verità e sulle leggende metropolitane nel mondo della stampa, di avervi aiutato a fare chiarezza. Per ulteriori approfondimenti vi suggeriamo i seguenti link:

Italia Grafica – La risoluzione ottimale per i contesti d’uso

Italia Grafica – Come cambiano le macchine offset