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La cartotecnica e il packaging in pillole

La cartotecnica e il packaging in pillole

La cartotecnica e il packaging in pillole

Come natura crea, l’uomo conserva

Dai gusci, alle bucce, alle scatole. Come natura crea, l’uomo conserva. Una storia a puntate, in pillole, per raccontarvi la cartotecnica e il packaging moderno secondo noi.
Uno dei primi insegnamenti che l’uomo ha tratto dalla natura è stato quello di proteggere i propri beni racchiudendoli in un involucro. Probabilmente ha imitato gli uccelli, che affidano la protezione della loro progenie al guscio delle uova. Anche il regno dei vegetali aveva tanto da insegnargli, bastava osservare i semi contenuti nella polpa dei frutti, a loro volta riparati da una buccia più o meno coriacea.
Così, secolo dopo secolo, ha sperimentato materiali e strumenti utili per conservare tutto ciò che di prezioso aveva, per preservarlo dal deterioramento e per trasportarlo agevolmente.
Dalle anfore di terracotta ai recipienti di vetro, dalle lattine di metallo ai contenitori di plastica, gli imballaggi si sono evoluti di pari passo con la scoperta di nuovi materiali e con lo sviluppo degli scambi commerciali.
Non a caso, è proprio a partire dalla cosiddetta Rivoluzione Industriale che vogliamo iniziare questa storia. Con il progresso industriale e i volumi commerciali costantemente in aumento, agli imprenditori fu subito chiaro che i materiali usati fino ad allora per il trasporto (vetro e legno) erano spesso voluminosi e soprattutto costosi. Era fondamentale trovare materiali più economici e leggeri per ridurre il costo dell’imballaggio e ottimizzare la logistica.

 

La rivoluzione della specie

Ecco perché la vera rivoluzione in tal senso coincide con le prime produzioni di carta prodotta da cellulosa di legno operate in Germania a partire dal 1840. Il sistema di produzione della carta in Europa fin a quel momento, era basato sulla macerazione degli stracci, ma la difficoltà nel reperire la materia prima e la crescita costante della domanda, indussero i produttori a sperimentare delle alternative attingendo ancora una volta, come alle origini, dal mondo dei vegetali. Molte furono le specie oggetto dei tentativi, ma luppolo, ortica, mais e felci non riuscirono a produrre risultati apprezzabili, né in termini di qualità né di riduzione dei costi.

Dal legno alla carta
La cartotecnica e il packaging in pillole
Friedrich Gottlob Keller

Successe però che nel 1844, in una cittadina della Sassonia, Friedrich Gottlob Keller, di professione tessitore, depositò un brevetto per una pasta ottenuta dalla polpa del legno. La strada era quella giusta: il legno era di facile reperibilità e il procedimento per trasformarlo in carta aveva costi contenuti. Così la carta si trasformò da prodotto di lusso a prodotto di largo consumo.

Nel 1856, in Inghilterra venne depositato il brevetto per una innovativa carta ondulata utilizzata prevalentemente come struttura portante per i cappelli a cilindro. Appena quindici anni dopo, a New York, Albert Jones brevettò una carta ondulata ancora più rigida e resistente agli urti che venne usata per la prima volta come imballo protettivo per le bottiglie e i paralumi di vetro delle lanterne a cherosene.
Nel 1874, Oliver Long mise punto quello che oggi chiamiamo “cartone ondulato” incollando la carta ondulata in mezzo a due copertine di carta tesa.

Quasi contestualmente, intorno al 1880, iniziò la sperimentazione di un nuovo procedimento chimico (procedimento al solfato) per ricavare dal legno la polpa di cellulosa e produrre la carta Kraft, molto tenace e robusta, ancora oggi è considerata la migliore materia prima per imballaggi durevoli e resistenti.

 

Cartotecnica, si nasce!

A questo punto del nostro racconto è bene fare una doverosa precisazione: tutto il packaging in carta, cartoncino e cartone è frutto dell’impresa cartotecnica, ma non tutta la cartotecnica riguarda il packaging. Infatti, per cartotecnica si intende genericamente la trasformazione industriale della carta e del cartone per la produzione non solo di imballaggi ma anche di oggettistica varia. Scoprire come è nata la vera industria cartotecnica, quindi, resta l’ultimo passo da compiere in questo viaggio.
Anche la nascita della cartotecnica è una rivoluzione fatta di piccoli passi, ma non per questo meno imperiosa. E come quasi tutte le grandi invenzioni, anche questa è nata per caso.

Lo stabilimento Gair di Washington

Nel 1879, Robert Gair, un tipografo di origini scozzesi ma trapiantato a Brooklyn sin da giovanissimo, si trovava nell’opificio in cui produceva sacchetti di carta quando un righello di metallo usato per piegare la carta si rigirò accidentalmente su un lato tagliando di netto i sacchetti. In quel momento Gair capì che poteva piegare e tagliare la carta in un unico passaggio semplicemente sistemando dei “righelli” di taglio o di piatto secondo il suo progetto. A sviluppare la sua idea fu la E. S. & A. Robinson di Bristol, un’importante industria che si occupava di cancelleria e imballaggi con la quale avrebbe poi collaborato per anni.

Ma a passare alla storia come creatore delle scatole fustellate moderna fu solo lui e i suoi stabilimenti disseminati da Brooklyn a Washington, che produssero scatole di carta e cartone per importanti aziende come Kellogg’s, Colgate, Nabisco e Arbuckle.

Dall’imballaggio al packaging

Il termine packaging deriva dal verbo inglese to package, che letteralmente vuol dire “impaccare”. C’è un momento ben preciso in cui l’imballaggio inteso come “involucro che protegge un bene” diventa una delle principali leve del marketing moderno.
La fortunata circostanza si presenta agli inizi del ‘900 e coincide con la nascita di nuove tecniche di stampa come la flexografia e la serigrafia che hanno reso possibile la personalizzazione degli imballaggi stampando direttamente sulle confezioni il marchio commerciale dei prodotti in essi contenuti.
La personalizzazione grafica diventa negli anni seguenti sempre più determinante per rendere riconoscibile un marchio rispetto ai concorrenti e per “richiamare” i consumatori già dalla vista del prodotto sullo scaffale. La veste grafica del packaging diventò talmente rilevante per gli esperti del marketing da essere affidata sempre più spesso a celebri illustratori. Un esempio per tutti? Basti pensare al logo Chupa Chups creato da Salvador Dalì.
È per questo che oggi un progettista di packaging non può più pensare a una scatola o a un astuccio solo in un’ottica di protezione e trasporto, ma anche come importante mezzo di comunicazione. Insomma, qualcosa che coniughi funzionalità e appeal. A proposito, chi è il progettista?

Professione: packaging designer

Il progettista, o più nello specifico il packaging designer, è una figura chiave in ogni azienda che si occupa di imballaggi, soprattutto imballaggi primari, ovvero quelli in cui è direttamente contenuto il prodotto destinato alla vendita. Il suo lavoro non risponde solo a logiche creative ma, prima di tutto, deve tenere conto di alcuni fattori fondamentali per la commercializzazione del prodotto. Perché il suo progetto funzioni, il pack deve essere:

  • efficace, cioè deve assolvere alla sua funzione di protezione ma anche conferire un certo appeal al prodotto;
  • comodo, nella presa e nell’uso;
  • economico, per non incidere troppo sul prezzo finale del prodotto;
  • ecologico, per limitare il suo impatto ambientale.

 

Prima, la materia

La cartotecnica e il packaging in pillole

La scelta del supporto con cui realizzare i prodotti è una delle fasi più delicate della progettazione in cartotecnica. Cosa scegliere tra cartoncino e cartone ondulato? E tra questi, quale grammatura di cartoncino o quali e quante onde deve avere il cartone ondulato? Quanto pesa il prodotto che il pack deve contenere? Il prodotto deve essere spedito con il solo imballo primario oppure questo sarà a sua volta contenuto in una scatola da spedizioni? Sarà fragile? Il prodotto contenuto nel pack è alimentare? E se lo è, si tratta di cibo secco o umido?
Una breve panoramica sui supporti usati in cartotecnica aiuterà a comprendere quanto sia complesso ma essenziale prendere la giusta decisione.
La prima cosa da valutare quando ci si appresta a scegliere il supporto giusto è la sua tenuta, la sua resistenza.
Nel nostro caso, le opzioni possibili sono sostanzialmente due: il cartoncino teso o il cartone ondulato lito-accoppiato. Entrambi, rispondono all’esigenza di fare “bella figura” sullo scaffale, poiché in entrambi i casi è possibile personalizzarli. E non solo con la stampa, ma anche con una serie di nobilitazioni che hanno il compito di impreziosire il pack:

Il cartoncino

Se il prodotto da contenere non è particolarmente pesante e soprattutto sarà trasportato all’interno di una confezione multipack da spedizione, il cartoncino può rivelarsi il supporto ideale.
Il cartoncino più adatto a diventare packaging deve avere un peso per metro quadrato, detto grammatura, generalmente non inferiore ai gr. 220. Il cartoncino può essere liscio o ruvido, bianco o colorato purché le sue caratteristiche meccaniche consentano di formarlo in un contenitore. In altre parole, l’importante è che si lasci cordonare, fustellare, piegare e incollare secondo il progetto del packaging designer.

Alimentare, Watson

Se il prodotto da contenere è un prodotto alimentare, allora bisogna essere più attenti alle specifiche tecniche del cartoncino. Non si tratta di dettagli, ma di una rigida normativa comunitaria da seguire per tutelare la salute pubblica.
Esistono infatti dei cartoncini specifici per il contatto con gli alimenti, sia composti interamente da cellulosa “vergine” che prodotti con una percentuale di pasta da macero riciclata e opportunamente trattata. Secondo le normative vigenti in materia, infatti, questi supporti devono essere corredati di specifiche certificazioni di valore internazionale che ne attestano l’idoneità al contatto diretto con gli alimenti (Certificazione M.O.C.A.).
Per contenere alimenti grassi o umidi, si deve avere poi un’accortezza in più. Bisogna utilizzare gli stessi cartoncini di cui sopra ma barrierati, ovvero dotati di un lato trattato con una barriera di materiale organico, quindi plastic-free, che renda l’interno della scatola impermeabile agli eventuali liquidi e ai grassi rilasciati dal prodotto alimentare con cui è a contatto. In più, questa barriera isola i prodotti all’interno anche da eventuali migrazioni degli inchiostri utilizzati nella stampa della personalizzazione esterna.
Sono cartoncini super ecologici poiché non solo sono totalmente biodegradabili ma anche interamente compostabili. Se a questo aggiungiamo che questi cartoncini sono certificati FSC®, ovvero provengono da foreste gestite responsabilmente, ecco che anche la vocazione green di chiunque li utilizzi può considerarsi pienamente soddisfatta.

Alto spessore, alte performance

I cartoncini realizzati con cellulosa vergine si ottengono sovrapponendo uno strato centrale di pasta legno o pasta semichimica a uno o più strati di pasta chimica sbianchita. Questi sono detti anche “cartoncini ad alto spessore” e hanno una marcia in più proprio perché, grazie a uno spessore maggiore rispetto ai cartoncini riciclati di pari grammatura, offrono caratteristiche meccaniche migliori in termini di resistenza e, nel complesso, risultano più performanti in ogni fase della lavorazione. Per questa ragione il loro uso non si limita alle scatole per alimenti, ma questi cartoncini sono adottati anche in campo cosmetico, farmaceutico e, più in generale, per pack di pregio.

Onda su onda

Quando si progetta un pack che deve contenere prodotti più pesanti o fragili o che devono essere trasportati su pallet senza la protezione di un master cartoon, è preferibile usare una struttura di cartone ondulato.
Il cartone ondulato è composto da una o più onde racchiuse e/o separate da fogli di carta stesa. La loro composizione, ovvero i tipi di carta che compongono le onde o le copertine, può essere scelta in base alle caratteristiche meccaniche delle carte stesse, più o meno tenaci, dal Kraft al Test, e ognuna di queste può essere di grammatura variabile in base alle esigenze di tenuta e resistenza.
Per ottenere comunque un pack accattivante, bello da vedere e più pregiato rispetto alle scatole da imballaggio tradizionali, il cartone ondulato viene accoppiato a un cartoncino, detto “liner”, appartenente alla famiglia dei cartoncini riciclati. Questo è composto da uno strato bianco patinato, adatto alla stampa in offset o digitale, e un altro (retro) di pasta riciclata di colore grigio o avana che, essendo più ruvido e poroso, risulta particolarmente indicato per essere accoppiato dopo la stampa al cartone ondulato mediante uno strato di colla applicato meccanicamente.

 

Prossima fermata

Il prossimo viaggio tra i sentieri della cartotecnica riguarderà il ciclo di produzione. Assisteremo insieme alla nascita di un pack fin dalla sua progettazione, attraverso le varie fasi che trasformeranno il progetto in prodotto. Seguiremo la frenetica attività di un team di lavoro ben organizzato che a ogni passaggio donerà un elemento in più a ciò che nasce come foglio di cartoncino o di cartone e si evolve in una delle principali leve del marketing moderno.

 

Approfondimenti

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